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Dal primo settembre sono in vigore i test genetici nell’atletica femminile. Si tratta di un test genetico obbligatorio una tantum per le atlete che gareggiano nella categoria femminile a livello d'élite, al fine di determinarne l'idoneità. Una misura questa annunciata in estate dalla World Athletics che adesso è entrata in vigore, anche se non mancano delle polemiche a riguardo. L'argomento del resto è molto delicato e tocca diverse ambiti, dallo sport alla scienza fino alla sfera personale. In questi casi è sempre avere ben chiare quali siano gli scopi di determinate regole, senza scadere in stucchevoli qualunquismi e deprecabili chiacchiere da bar.
La World Athletics ha spiegato che lo screening del sesso - che rileva la presenza del cromosoma Y - serve a proteggere l'integrità delle competizioni femminili. Una svolta che arriva alla vigilia dei Mondiali di Atletica che prenderanno il via il prossimo 13 settembre a Tokyo: il test è obbligatorio, pena l'esclusione dalla competizione iridata e da tutte le altre gare valide per il ranking mondiale. Ma come funzionano i nuovi test genetici nell’atletica femminile? Perché è stato necessario secondo i massimi organismi introdurre queste regole? Cerchiamo di fare chiarezza.
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Nell'atletica femminile per poter gareggiare le atlete ora dovranno sottoporsi - una tantum - a un test genetico che può essere eseguito per mezzo di un tampone buccale o con un esame del sangue. Saranno le varie Federazioni a dover organizzare il test obbligatorio almeno una volta per ogni atleta. Il test rileva il gene SRY, ovvero il gene della regione Y che determina il sesso che fa parte del cromosoma Y e determina lo sviluppo dei caratteri maschili. Se un embrione umano ha cromosomi XY, il gene SRY porta alla formazione dei testicoli che a loro volta producono ormoni, tra cui il testosterone, che favoriscono lo sviluppo maschile aumentando la massa muscolare e la forza. Se il test risulta negativo per il cromosoma Y, ovvero è assente, l'atleta è idonea a gareggiare nella categoria femminile.
Lo scopo della World Athletics è quello di poter determinare il sesso biologico negli atleti con DSD, ovvero coloro che nascono con "differenze nello sviluppo sessuale". Questo termine si riferisce a un gruppo di condizioni rare in cui gli ormoni, i geni o gli organi riproduttivi di una persona, possono essere un mix di caratteristiche maschili e femminili. Alcuni infatti possono nascere con genitali femminili esterni ma testicoli funzionanti, venendo spesso certificati come femmine alla nascita e cresciuti come tali.
"Un test positivo può verificarsi se all'atleta viene diagnosticata o meno una condizione DSD 46XY - ha specificato la World Athletics - e che tali individui con cromosomi tipicamente maschili possono avere uno sviluppo atipico dell'anatomia riproduttiva o sessuale a causa di variazioni nel gene SRY o altri fattori genetici correlati, con alcuni ai quali viene assegnato un sesso femminile alla nascita". Al momento circa il 90% delle atlete ha effettuato il test.
Nella storia dell'atletica femminile ci sono stati molti casi controversi. Tralasciando i sospetti su molte atlete dell'URSS tra gli anni '60 e '80, ci fu la vicenda dell'ostacolista spagnola Maria José Martínez-Patiño che venne prima esclusa e poi riammessa dalle competizioni. Poi nel nuovo millennio c'è stato il caso della sudafricana Caster Semenya - vincitrice di medaglie olimpiche e mondiali - a cui sono stati riscontrati livelli naturalmente elevati di testosterone dovuti a una condizione DSD. Più di recente ci sono stati i casi simili di Francine Niyonsaba e Margaret Wambui, ma la World Athletics adesso ha deciso di stabilire delle regole chiare.
Maria José Martinez-Patino ora è una docente all'Università di Vigo e si è scagliata contro l'introduzione dei test genetici nell’atletica femminile. "Mi riporta agli anni '50 e '60, quando le donne dovevano praticamente sottoporsi a una serie di controlli, dovevano spogliarsi davanti a una commissione di medici - ha dichiarato al giornale DW -. Ho l'impressione che non abbiamo fatto progressi dal punto di vista scientifico. Non abbiamo fatto praticamente alcun progresso se ora si afferma categoricamente che le donne con cromosomi X e Y non sono donne". L'ex atleta ha voluto sottolineare che ci sono più di 60 mutazioni genetiche che non sono complicate da studiare, un fatto che dovrebbe spingere a valutare caso per caso. Insomma, le nuove regole ora sono in vigore, ma le polemiche non sembrerebbero essersi placate.
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