Addio a Diane Keaton: 5 film imperdibili con l'antidiva di Hollywood
Dalla brillante Annie Hall ai ruoli più intensi e malinconici, un viaggio tra le interpretazioni che l'hanno reso immortale l
Oscuro, ipnotico e indecifrabile, Strade perdute è uno dei film più ambigui di David Lynch, capace di trascinare lo spettatore in un viaggio dove tempo, identità e realtà si confondono fino a dissolversi. Uscito nel 1997, il film è diventato un cult per gli amanti del cinema visionario, grazie alla sua atmosfera inquietante, alla colonna sonora iconica e ai simbolismi che continuano a generare teorie e interpretazioni.
Dietro ogni inquadratura, Lynch nasconde riferimenti, ossessioni e dettagli sfuggenti. Ecco dunque che questo vortice di follia e mistero, diventa una sorta di gabbia in cui si celano curiosità determinanti. Scopriamone insieme cinque, in attesa di rivederlo dal 13 ottobre, di nuovo al cinema.
All’ingresso della sua elegante e fredda abitazione, il sassofonista Fred Madison trova ripetutamente delle videocassette anonime che mostrano prima l’esterno della casa, poi lui e la moglie Renée addormentati nel loro letto. La polizia, allertata, non riesce a dare spiegazioni. Una sera, Renée porta Fred a una festa organizzata da Andy, dove l’uomo incontra un misterioso individuo che lo provoca con inquietanti allusioni.
Poco dopo, una nuova videocassetta mostra Fred accanto al corpo martoriato di Renée. Arrestato per omicidio, in prigione Fred è tormentato da forti mal di testa, finché un giorno si trasforma inspiegabilmente in Pete, un giovane meccanico. Liberato, torna alla sua vita e lavora per il criminale Eddy, la cui amante, Alice – identica a Renée – lo seduce e lo convince a vendicarsi di Andy, il regista che l’aveva introdotta nel mondo della prostituzione. Durante il colpo, Andy muore e Pete scopre una foto che ritrae Eddy con Renée e Alice insieme. In fuga, i due si rifugiano al Lost Highway Hotel, dove Alice lo respinge e sparisce. Pete allora torna a essere Fred, braccato dalla polizia e costretto ancora una volta alla fuga.
Durante le riprese di Strade Perdute, lo scrittore e saggista David Foster Wallace trascorse tre giorni sul set, con l’obiettivo di raccontarne la genesi e lo sviluppo, ma soprattutto di osservare da vicino l’arte di un regista che considerava unico e inimitabile. Al termine della sua esperienza, Wallace scrisse che esistevano circa trentasette diversi modi per interpretare la complessità di un film tanto enigmatico quanto irripetibile.
Nel 1858 il matematico tedesco August Ferdinand Möbius formulò il principio geometrico che in seguito prese il nome di “Nastro di Möbius”. Si tratta di una superficie non orientabile con un’unica faccia, che contraddice il concetto tradizionale di lato superiore e inferiore.
Di conseguenza, chi percorre il nastro torna al punto di partenza solo dopo averlo completato due volte, senza deviazioni, ma semplicemente proseguendo in avanti. Strade Perdute rappresenta la perfetta traduzione cinematografica di questo teorema: tutto si ripete, il tema del doppio domina la narrazione – come accadrà anche in Mulholland Drive – e non esistono confini netti tra inizio e fine.
Il profondo legame tra il film e la musica è un elemento che emerge chiaramente. Il reparto musicale di Strade Perdute infatti, scandisce e dà ritmo alle sue sequenze frammentate. La colonna sonora, prodotta da Trent Reznor, leader dei Nine Inch Nails, comprende brani di David Bowie, dei Rammstein e di Marilyn Manson, presente anche in un cameo insieme al bassista Twiggy Ramirez nel filmato pornografico mostrato a Laurent (Robert Loggia). Un altro cameo degno di nota è quello del cantante, attore e compositore Henry Rollins, nei panni di uno dei poliziotti.
Strade Perdute può essere considerato il primo capitolo di una trilogia ideale, mai dichiarata ufficialmente ma legata da evidenti affinità artistiche e da un comune filo tematico e narrativo. Una trilogia dell’onirico, dell’anticonvenzionale e della destrutturazione ipnotica e imprevedibile, che avrebbe inizio nel 1997 con Strade Perdute, per poi proseguire nel 2001 con Mulholland Drive e concludersi nel 2006 con Inland Empire.
“Un film noir del XXI secolo. Una vivida rappresentazione di crisi d’identità parallele. Un mondo in cui il tempo è pericolosamente fuori controllo. Un viaggio inquietante lungo la strada perduta.”
Con queste parole David Lynch descrive il suo settimo lungometraggio, pur sostenendo al tempo stesso che non occorra cercare di spiegarlo. Strade Perdute è infatti un’opera aperta, che si presta alle più diverse interpretazioni, senza offrire una sola chiave di lettura definitiva o universalmente valida.
Vuoi di più? Estendi il tuo mondo digitale con la nostra app – scaricala subito!