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"Un regista fuori dal tempo e dentro le emozioni": così è stato accolto Richard Linklater lo scorso 20 ottobre 2025 alla Festa del Cinema di Roma, dove ha tenuto una masterclass affollatissima tra applausi, aneddoti e riflessioni sul cinema. L’autore di capolavori come Boyhood, la trilogia di Before Sunrise, School of Rock e Waking Life, ha conquistato il pubblico con la sua visione anticonvenzionale e umanissima della settima arte.
L’incontro è avvenuto a poche ore dalla presentazione in anteprima del suo nuovo attesissimo film, Nouvelle Vague, un omaggio personale al cinema europeo degli anni ’60 e un nuovo tassello nella filmografia di un autore che ha sempre saputo reinventarsi senza perdere autenticità. Di seguito ecco cosa ha raccontato il cineasta alla masterclass davanti a una platea quasi ipnotizzata.
Tu hai vissuto a Austin in Texas, dove hai iniziato la tua carriera e hai creato in seguito una società cinematografica. Come ti ha portato a girare lì?
Austin è una grande città in Texas, io sono cresciuto in una piccolissima cittadina dove c’è una prigione dello stato e non succede molto. Andavo al cinema ogni weekend, ma non pensavo che un giorno avrei fatto un film fino all'età di 20 anni. Ho sempre scritto e volevo essere un romanziere, poi al college ho scoperto cinema. Ho cominciato a vedere film, e mi è scattato qualcosa nel cervello. Ho cominciato a vedere tanti film in maniera ossessiva. Credo che sia importante per un regista quel momento che si crea da quando ti innamori del cinema a quando riesci a fare il primo film.
Il tuo cinema è spesso una libera associazione e un flusso di coscienza…come sei riuscito a difendere nella tua carriera la tua indipendenza, anche collaborando con i studios?
Non pensavo di lavorare con gli studios. Dopo Slacker c'è stato un successo del cinema indipendente. Il film non ha una storia ma va da un personaggio all’altro e nasce da un’idea che avevo avuto anni prima. Quando ti innamori di un mezzo artistico poi è importante spingere i propri limiti per scoprire qual è il tuo posto nel mondo. Il film può essere molto potente, come un collaboratore per collegarti con il pubblico.
Prima di Slacker hai fatto un corto e un piccolo film Super 8 low budget, giusto?
Sì ho sempre lavorato da solo, Slacker è stato il primo lavoro con una troupe e tutto ha cominciato a muoversi come regista da quel momento. Quello che rappresento in Nouvelle Vague è proprio quel terrore misto ad esaltazione di fare il primo film. Hai paura di crollare, hai tante idee ma il mondo reale più essere una vera sfida.
Ero ossessionato dalle digressioni, dai pensieri, so che il film è un mezzo visivo ma mi colpiscono personaggi folli con i loro monologhi. Il dialogo può essere molto espressivo. Descrivere qualcosa che può essere forse meglio della cosa stessa, se fatto in modo divertente e coinvolgente. Mi piace molto lo spazio fuori dallo schermo.
In un certo modo con la scena di apertura di Slacker tu attivi l’approccio del dialogo con cui travolgi gli spettatori e metti il pubblico a lavorare...
Sì, non sapevo che tipo di cineasta sarei diventato, ma in ogni film ho notato che cercavo il dialogo, dei lunghi monologhi. Nella realtà ascolto più che parlare, nessuno di chi mi conosce mi definirebbe un chiacchierone, mi piacciono gli attori e sfidarli con lunghi monologhi.
Passando agli anni ’90 con l'arrivo delle mini major il cinema indipendente diventa quasi mainstream. Come ha influenzato questo il tuo pensiero?
Sono stato fortunato, quando ho iniziato a fare film i film indie hanno iniziato ad andare forte come quelli dei fratelli Cohen, Spike Lee. Slacker è passato in un cinema dove ha avuto successo per molti mesi. Non costava troppo mandare in giro un film, oggi invece ci sono costi altissimi per far uscire un film. Mi hanno dato 6 milioni di dollari per fare Rock ’n roll sugli adolescenti, non c’erano star nel film ed è stato incredibile.
Con la trilogia Before Sunrise e l'esperimento Boyhood ti accosti al tempo in modo diverso. La trilogia tratta l’amore nell’arco di 20 anni mentre con Boyhood hai girato per 12 anni per fare un ritratto di una vita.
La trilogia di Before Sunrise è venuta fuori per caso, non era in programma. Nessuno mi ha chiesto un sequel, anche perchè non è stato un successone al box office, ma 5 anni dopo abbiamo parlato io, Ethan e Julie e abbiamo pensato di tornare a lavorare insieme. Così abbiamo fatto il secondo film.
Ho trascorso un’esperienza mia di una notte con una persona incontrata per caso, e volevo fare un film sull'emozione di una notte. Credo che tutti abbiamo vissuto un’esperienza simile, ma Ethan e Julie ci hanno messo del loro, abbiamo fatto tante prove e io di solito riscrivo durante le prove, aggiungo nuove idee e nuovi strati alla storia.
Boyhood esprime la tua idea di linguaggio cinematografico e rappresenta una grande parte del tuo approccio al cinema, un cinema di piccoli frammenti, con una grande sensibilità...
Sì penso di essere interessato allo sviluppo delle persone, come si diventa nella vita. Credo sia necessario trovare i confini ed essere consapevole.
E per quanto riguarda Nouvelle Vague che presenti qui alla Festa del cinema di Roma cosa puoi dirci? Qual'è il tuo rapporto con questa corrente cinematografica francese del passato?
Sono stato fortunato a scoprirla negli anni '80. All’epoca guardavo nuovi film di Godard e Truffaut quando studiavo e corrispondeva alla mia idea di cinema, non fare film commerciali ma la libertà. La Nouvelle Vague ha abbassato l’asticella del cinema in un certo senso. Potevi fare un film sugli amici, sull’infanzia, su quello che ti pareva e ti passava per la testa. Sono riusciti a farlo, hanno rappresentato un esempio di cinema indipendente e questo arriva fino a oggi, siamo sempre in rapporto con quell’epoca.
La mentalità dietro i film che non dovevano essere solo prodotti di rapido consumo ma forme di arte per esprimere se stessi. Molti talenti c'erano a Parigi in quel momento storico, hanno anticipato tante cose, ma è stato strano tornare indietro nel tempo e non volevo vederli solo come icone. Volevo rappresentare la loro metafora visiva. Abbiamo trovato un film in un archivio fatto nel 1959 da qualcuno vicino a Godard e ho provato a catturare l'atmosfera, immaginando di essere lì mentre quella rivoluzione era in corso. Erano giovani cineasti con grande rispetto per i vecchi come Bresson e Rossellini.
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