Non ci resta che piangere: 5 curiosità sul capolavoro eterno di Benigni e Troisi
Riassaporiamo questo cult nostrano che, ancora oggi, fa ridere (e riflettere)

Questa sera, 31 dicembre 2025, torna in prima serata su Italia 1 E.T. – L’extra-terrestre. Pronto a regalare al pubblico una magica serata di fine anno, tra fantascienza e pura atmosfera anni ’80, questo classico senza tempo è firmato da Steven Spielberg. Uscito precisamente nel 1982, il film ha segnato l’immaginario collettivo di intere generazioni, diventando molto più di una semplice storia di fantascienza.
Tra emozione, amicizia e stupore, E.T. continua a parlare a grandi e piccoli. In occasione dunque della messa in onda di fine anno, scopriamo 5 curiosità sorprendenti sul film che forse non tutti conoscono e che rendono questa visione ancora più speciale.
E.T. – L’extra-terrestre è un classico della fantascienza che racconta l’incontro tra un bambino e un piccolo alieno rimasto per errore sulla Terra. Durante una missione notturna in una foresta della California, un’astronave extraterrestre è costretta a fuggire lasciando indietro uno dei suoi membri. Spaventato e solo, E.T. trova rifugio vicino alla casa di Elliott, un bambino di nove anni che vive con la madre e i fratelli.
Dopo il primo incontro, Elliott decide di nasconderlo e proteggerlo, coinvolgendo anche Michael e la piccola Gertie. Tra i ragazzi e l’alieno nasce un’amicizia profonda e speciale, messa però in pericolo dall’intervento delle autorità, decise a catturare E.T. Il film diventa così un racconto emozionante sull’amicizia, la diversità e il desiderio di tornare a casa.

E.T. – L’extra-terrestre è raccontato quasi interamente dal punto di vista di un ragazzino. Steven Spielberg ha scelto infatti di posizionare la macchina da presa all’altezza degli occhi dei giovani protagonisti, immergendo lo spettatore nella loro percezione del mondo. Non a caso, per buona parte del film gli adulti restano fuori campo e l’unica figura pienamente visibile è la madre di Elliott. Inoltre, il regista decise di girare le scene seguendo l’ordine della sceneggiatura, una scelta pensata per aiutare i piccoli attori a vivere la storia in modo naturale e restituire emozioni autentiche davanti alla macchina da presa.
Per Steven Spielberg la scelta dei giovani interpreti era fondamentale, e la prima a entrare nel cast fu Drew Barrymore. Durante il provino, la futura Gertie, che aveva appena sei anni, spiazzò tutti sostenendo di non essere un’attrice, ma la batterista di una band punk in stile Kiss chiamata Purple People Eaters. La sua immaginazione colpì immediatamente Spielberg, che decise di affidarle il ruolo.
Sul set, il regista chiese ai bambini di comportarsi come se E.T. fosse reale e arrivò persino a dire alla Barrymore che il pupazzo era un vero extraterrestre, rendendo il finale particolarmente traumatico per lei. In un’altra occasione, Spielberg la rimproverò per le battute dimenticate, scoprendo poi che la bambina aveva la febbre alta: la mandò subito a casa e, col tempo, accettò persino di diventarne padrino.

Subito dopo l’uscita di E.T. nelle sale americane, Steven Spielberg e la sceneggiatrice Melissa Mathison elaborarono l’idea per un possibile seguito, intitolato E.T. II: Nocturnal Fears. La storia era ambientata l’estate successiva al primo film e vedeva Elliott e i suoi amici rapiti da una versione oscura e mutata della razza di E.T., guidata da una misteriosa entità chiamata Korel, alla ricerca di un altro alieno rimasto sulla Terra, Zrek.
Nel racconto, E.T. tornava per salvare i ragazzi e riportarli a casa. Alla fine, però, Spielberg decise di non trasformare il progetto in un film. L’idea sopravvisse solo sulla carta: nel 1985 uscì infatti un romanzo sequel scritto da William Kotzwinkle.
La realizzazione del celebre E.T. fu affidata all’italiano Carlo Rambaldi, maestro degli effetti speciali e vincitore di tre premi Oscar, uno dei quali proprio per E.T. – L’extra-terrestre. Rambaldi, già collaboratore di Spielberg in Incontri ravvicinati del terzo tipo e creatore di icone come Alien e King Kong, ricevette dal regista una richiesta molto precisa: dare vita a una creatura capace di apparire allo stesso tempo anziana e infantile, insolita ma profondamente tenera.
Una delle prime ispirazioni arrivò da un suo dipinto realizzato per l’Accademia di Belle Arti di Bologna, Donne del Delta, in cui alcune figure presentano tratti sorprendentemente simili a quelli dell’alieno. Spielberg voleva un essere alto circa un metro, con piedi grandi, collo allungato e occhi espressivi, paragonandolo a una tartaruga priva di guscio. Per il volto, Rambaldi fuse caratteristiche umane — da Einstein a Hemingway — con quelle di un carlino, creando un’icona indimenticabile.
La celebre sequenza in cui Elliott e gli altri ragazzi spiccano il volo in bicicletta davanti alla luna è un dichiarato tributo a uno dei film più amati da Steven Spielberg: Miracolo a Milano di Vittorio De Sica. Il riferimento diretto è al finale del capolavoro neorealista, con il suggestivo volo sopra il Duomo di Milano.
Per realizzare la scena, la troupe incontrò non poche difficoltà nel trovare un luogo adatto che permettesse di inquadrare la luna filtrata dagli alberi. I personaggi di Elliott ed E.T. vennero poi inseriti successivamente in post-produzione. Quella sequenza, diventata una delle immagini più iconiche della storia del cinema, è stata talmente significativa da trasformarsi nel simbolo stesso della Amblin Entertainment, la casa di produzione fondata da Spielberg.
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