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Oggi, 6 ottobre 2025, ricorrono i 65 anni dall’uscita di Spartacus, il celebre kolossal diretto da Stanley Kubrick e interpretato da Kirk Douglas, che nel 1960 portò sul grande schermo la storia epica dello schiavo ribelle che osò sfidare l’impero romano. Dopo oltre sei decenni, il film continua a essere una pietra miliare del cinema storico e un esempio di come si possa coniugare spettacolarità, contenuto politico e raffinatezza cinematografica.
Kirk Douglas, una delle star più affermate di Hollywood negli anni '50, era stato scartato per il ruolo di Ben-Hur, assegnato invece a Charlton Heston dalla Metro-Goldwyn-Mayer e questo fu un duro colpo per il suo orgoglio. La delusione però si trasformò presto in desiderio di riscatto.
È proprio in quel periodo che Douglas si imbatte nel romanzo Spartacus di Howard Fast, una potente rievocazione della rivolta guidata dal gladiatore trace contro Roma durante la Terza guerra servile. Il libro lo conquista, e con esso nasce l’idea di portare sul grande schermo una storia epica, ma anche profondamente politica.
Il film è ispirato alla vera storia di Spartaco, un gladiatore che guidò una rivolta di schiavi contro la Repubblica romana tra il 73 e il 71 a.C. Il protagonista viene venduto come schiavo e addestrato a combattere nell’arena. Insofferente alla crudeltà del sistema, organizza una fuga e diventa il leader di un esercito di schiavi in cerca di libertà.
Mentre la rivolta cresce, Roma trema: la politica entra in scena con personaggi come il senatore Gracco (Charles Laughton) e il freddo e spietato generale Crasso (Laurence Olivier), che sarà incaricato di reprimere la ribellione. Tra epiche battaglie, ideali di libertà e dramma umano, Spartacus intreccia la vicenda personale del protagonista con il destino di un’intera civiltà.
Spartacus è uno dei grandi esempi di “peplum” hollywoodiano, il genere storico incentrato su antiche civiltà, ma lo fa con un respiro diverso. Le scene di battaglia – grandiose, con migliaia di comparse – sono bilanciate da momenti intimi, riflessioni sulla libertà, la dignità umana e il significato della ribellione. Il film ha una forte carica emotiva, che lo rende ancora oggi coinvolgente.
La produzione ha assunto dimensioni colossali: oltre 10.000 comparse, centinaia di tecnici e artigiani, una moltitudine di animali, un budget imponente per l’epoca (15 milioni di dollari) e una lavorazione complessa, che riscrive gli standard delle scene di massa.
Anche se Stanley Kubrick non fu la prima scelta (sostituì il regista iniziale, Anthony Mann, dopo pochi giorni), riuscì a fare suo il progetto: inquadrature studiate, uso espressivo del colore, profondità visiva. Sfruttò al meglio il formato panoramico 70 mm, perfetto per i vasti paesaggi e le scene corali, e introducendo una narrazione sonora potente e immersiva.
Pur essendo ancora lontano dalle sue opere più personali e sperimentali (2001: Odissea nello spazio, Arancia meccanica), Spartacus mostra già la precisione formale e il controllo registico che diventeranno il suo marchio di fabbrica. All’epoca Kubrick era visto come un regista promettente ma ancora “misterioso” per le grandi major. Douglas, che aveva già lavorato con lui in Orizzonti di gloria, crede in lui, anche se l’intesa sul set non sarà delle migliori.
Il film è sorretto da interpretazioni straordinarie. Kirk Douglas veste i panni di un intenso e carismatico leader per ispirazione che guida i suoi uomini con l’esempio, la forza morale, e una generosità che si fa via via più profonda. Laurence Olivier invece è inquietante nel ruolo del crudele Marco Licinio Crasso, e non mancano comprimari di lusso come Tony Curtis e Jean Simmons.
Accanto a loro, un corollario di personaggi secondari straordinari arricchisce il film: Charles Laughton, nei panni del senatore Gracco, incarna l’ultimo barlume di virtù in un Senato ormai corrotto e decadente. Peter Ustinov, premiato con l’Oscar, regala una performance memorabile nel ruolo di Batiato, il mercante di schiavi dal comportamento ambiguo: avido, viscido, ma non privo di un’inaspettata umanità. La sua trasformazione lo rende uno dei personaggi più sorprendenti del film.
I dialoghi, molti dei quali scritti da Dalton Trumbo, sceneggiatore all’epoca sotto pseudonimo perché nella lista nera anticomunista, sono spesso incisivi, carichi di significato e mai banali.
Oltre all’intrattenimento, Spartacus è anche un film di protesta: contro la tirannia, contro la schiavitù, contro le ingiustizie del potere. Il celebre “Io sono Spartacus!”, in cui i compagni del protagonista si dichiarano tutti Spartaco per proteggerlo, è diventato un simbolo di solidarietà e resistenza. Inoltre, la scelta di far lavorare uno sceneggiatore “bandito” come Trumbo fu un atto coraggioso che contribuì alla fine del maccartismo a Hollywood.
Spartacus vinse 4 premi Oscar (miglior attore non protagonista a Peter Ustinov, miglior fotografia, scenografia e costumi), fu un successo di pubblico ed è ancora oggi uno dei più celebrati film storici. La sua influenza è visibile in tanti film successivi, da Il gladiatore a Braveheart.
Nonostante le difficoltà produttive, Kubrick riesce a dare alla pellicola una forza visiva dirompente: la messa in scena è tanto brutale quanto elegante, capace di mescolare lirismo e violenza, grande spettacolo e intimità emotiva. Il mondo romano viene mostrato nella sua vera essenza: una civiltà costruita sulla violenza sistemica, sulla schiavitù, sull’arroganza del potere.
E in mezzo a tutto questo, Kirk Douglas domina la scena con la sua energia viscerale. Il suo Spartaco è scolpito non solo nel fisico, ma anche nello sguardo, nella determinazione silenziosa, in quella mascella serrata che racconta più delle parole. Il suo carisma attraversa lo schermo e rende credibile la sua evoluzione da schiavo a leggenda.
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