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Abbiamo seguito da vicino l’incontro con Alfonso Cuarón, con un'intervista alla Mostra del Cinema di Venezia 82, una masterclass interessante che ha visto il regista dialogare sul palco insieme al direttore della fotografia Michael Seresin. Nel corso della conversazione, Cuarón ha ripercorso la sua carriera attraverso aneddoti, riflessioni e ricordi di lavorazione, offrendo al pubblico uno sguardo intimo e appassionato sul suo modo di fare cinema.
Dal magico set di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban alle sfide tecnologiche di Gravity, passando per l’energia di Y tu mamá también e la delicatezza autobiografica di Roma, ogni titolo è diventato occasione per rivelare il dietro le quinte di alcune delle scene più iconiche della sua filmografia.
Il cinema è una disciplina multidisciplinare. Come hai imparato a lavorare con diversi collaboratori che venivano da discipline diverse come il montatore, il DOP e altri?
Sicuramente il mondo da dove vengo è stato molto importante, ho sempre voluto fare film fin da molto giovane, ancora prima della scuola di cinema. Ho sempre cercato di imparare da altre persone; sono stato assistente alla regia, assistente montatore, alle telecamere, ho lavorato in 12 film come operatore, aiuto regista e ho avuto l’occasione di capire e imparare molto sul campo. Poi ho imparato a comunicare con le persone.
Michael Seresin come è entrato nella vita?
Cuaron: Per moltissimo tempo io e Michael abbiamo sempre parlato insieme di come utilizzare la luce, avevamo gli stessi riferimenti per girare film. Parlavamo dei nostri lavori ed è stato sempre un punto di riferimento. Abbiamo cercato di concentrarci sulla fotografia e quando ho girato Harry Potter, purtroppo Emmanuel Lubezki non poteva partecipare, così ho detto: 'e con chi dovrei lavorare?' Il primo nome che mi fece lui fu Michael Seresin.
Michael Seresin: Sì un mio caro amico mi ha detto di vedere Y tu mama tambien e l’ho fatto. Poi qualche settimana dopo mi hanno detto che lo stesso regista stava girando Harry Potter. In fondo in entrambi i film c’è un’azione a tre. Non avevo mai lavorato a un progetto così grande e complesso e alla fine Alfonso mi ha detto; 'lo facciamo o no?' Ed è stato fantastico, ci siamo molto divertiti.
Seresin: In questo capitolo di Harry Potter la luce era più scura e io penso che nell’oscurità entra in campo l’immaginazione. Io cerco sempre il chiaroscuro e le ombre, tutti parlano di luce ma dove c’è luce c’è bisogno di ombra e trovo molto seducente questo.
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Cuaron: Nei primi due capitoli di Harry Potter è tutto molto illuminato, si vede tutto e le ombre sono tenui perchè erano bambini, invece in questo capitolo c’è il passaggio all’adolescenza ed entrano in un’età diversa dove sono consapevoli di quello che si cela nell’ombra. Ho imparato da Michael il fatto che ci sia un’unica direzione della luce e la tendenza dei DOP di solito è di illuminare un luogo invece lui ha un approccio opposto.
Avete trattato questo film come un film intimo?
Cuaron: Sì lo abbiamo concepito scena per scena come se fosse un film più piccolo e a volte alcune scelte non vengono notate, però abbiamo anche adottato delle scelte contro il protocollo della saga.
Seresin: Mi piace molto il movimento coreografico delle cineprese di Alfonso in questo film. Lui cammina per tutto il set e dice: ok inizieremo qui e finiremo là. Può essere un primo piano di un personaggio e un angolo sullo sfondo…
Tornando a Y tu mama Tambien vediamo una scena che ha scelto Michael tra quelle che preferisce dei film di Cuaron ed è quando i due protagonisti interpretati da Diego Luca e Gael Garcia Bernal si tuffano e nuotano in una piscina ricoperta di foglie.
Seresin: Questo film è un po’ la storia di questi due ragazzini guidati dal testosterone e lo scontro tra classi sociali ma è anche una storia sull’amicizia, la lussuria e il senso dell’avventura, ma raccontato tutto molto onestamente. Mi ricordo un mio amico che mi ha chiamato e mi detto 'ti prego devi vedere questo film' perchè aveva tutto giusto dal punto di vista cinematografico. Da allora l’ho visto tantissime volte, anche prima di incontrare Alfonso e non trovo un difetto in questo film e io sono molto critico come persona.
Da dove l’idea di Y tu Mamá También?
Per me la cosa interessante è che è la storia di due ragazzi che vanno in spiaggia con una donna più grande. Mio fratello era stato appena lasciato dalla ragazza e quando gli ho parlato di questa idea per lui era un periodo troppo sensibile e abbiamo deciso di rimandare.
Poi dopo qualche tempo volevo fare qualcosa per tornare al Messico, alle mie Origini e mi sono ricordato di questa storia, così ho parlato con mio fratello e lui mi ha detto che sembrava un film all’American Pie ma io gli ho detto che volevo usare il voice over e metterci il tema mascolinità e femminilità, così l’ho convinto e lo abbiamo scritto.
Quella è stata l’ispirazione, da una storia molto semplice di due ragazzini arrabatti ma abbiamo aggiunto una distanza, e alla fine diventa un road movie in cui le persone in macchina sono sullo sfondo e parliamo della realtà socio politica del paese e come questo ha impatto sui personaggi e la loro natura.
Passando a Gravity vediamo una scena indimenticabile dell'incidente nello spazio e il personaggio di George Clooney che si lascia andare.
In Gravity io e il mio DOP Emmanuel Lubezki avevamo studiato l’apparato tecnologico del film e come sarebbe stato illuminato, ma poi ci fu un’emergenza e una settimana prima circa della fine riprese ho chiamato Michael di nuovo e molte scene che avete visto nel film all’interno della capsula cinese sono state girate da lui. Ha lavorato l'unica parte del film non in digitale, ma girata in 65mm con la pellicola.
Infine Roma, l'opera più personale di Cuaron. Vediamo la scena del salvataggio nell'Oceano, ricordando che per questo film il regista è stato anche DOP e sceneggiatore, nonché montatore. Come hai fatto a diventare il tuo DOP in questo caso?
Lubezki doveva farlo, ma era scettico sul bianco e nero perchè io lo volevo girare con il formato dell’Academy quadrato e lui mi parlò del 65 digitale e lo abbiamo provato, ma io mi sono impuntato sul bianco e nero.
Poi non ho coinvolto Michael in questa occasione perchè lo avrei girato in Messico , era un film sui miei ricordi e volevo che mi permettesse di ricollegarmi con la mia terra quindi con Michael avremmo dovuto usare l'inglese sul set e non volevo. Per un film come Roma, bisognava creare una sorta di ponte sul quale impostare una gru per tenere la telecamera, ma molte cose sono venute tutte sul momento.
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