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Alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia è atteso fuori concorso Ghost Elephants, il nuovo documentario di Werner Herzog. Il regista tedesco riceverà anche il Leone d’Oro alla carriera e il suo ultimo film fonde mito e realtà, ambientato tra le alture avvolte nella nebbia dell’Angola. Herzog ha voluto raccontare la leggenda di un branco di elefanti mai documentato. Quale miglior palcoscenico per viverlo sul grande schermo di Venezia 82.
Il documentario segue l’avventura del biologo Steve Boyes, impegnato da anni nella ricerca degli enigmatici “elefanti fantasma”. A guidarlo, gli esperti cacciatori Khoisan, depositari di un sapere antico legato alla terra. Per Herzog questo diventa un percorso che trascende la semplice esplorazione zoologica. Diventa un pellegrinaggio verso l’ignoto, un racconto in bilico tra mito e memoria collettiva.
La proiezione veneziana sarà accompagnata dal conferimento del Leone d’Oro alla carriera 2025 al regista tedesco, riconoscimento che celebra la sua straordinaria influenza sul cinema mondiale. La scelta di presentare Ghost Elephants fuori concorso sottolinea il valore simbolico del progetto, più vicino a una meditazione visiva che a un classico documentario naturalistico.
"Dopo aver incontrato Steve Boyes, mi si è presentato con grande urgenza un progetto inaspettato, che sembrava la caccia a Moby Dick, la balena bianca" ha detto Herzog. E ha aggiunto: "Come molti dei miei film, anche questo è un’esplorazione dei sogni e dell’immaginazione, messi a confronto con la realtà". "Il film mi ha portato in quella che le tribù locali chiamano la Terra ai confini del mondo".
Il film, della durata di 99 minuti, è prodotto da The Roots Production, Skellig Rock e Sobey Road Entertainment. Herzog ne firma sia la regia sia la sceneggiatura. Prezioso il contributo di Eric Averdung e Rafael Leyva alla fotografia, Marco Capalbo e Johann Vorster al montaggio e le musiche di Ernst Reijseger.
Come sempre, lo sguardo del regista mescola il realismo documentaristico a una dimensione visionaria, restituendo paesaggi che diventano specchi dell’animo umano e storie che oscillano tra sogno e verità.
Gli altopiani angolani, definiti da Herzog “la terra alla fine del mondo”, sono il cuore pulsante del racconto. La caccia agli elefanti invisibili riecheggia la potenza simbolica di Moby Dick: un’ossessione che spinge l’uomo a confrontarsi con l’insondabile, e che trova nel cinema il suo linguaggio ideale.
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