Believe Film Festival 2025: il futuro del cinema parla giovane
Tra creatività e talento, il cinema dei giovani si racconta dal 23 al 26 ottobre a Verona
Quando uscì al cinema nell’estate del 1982, Tron sembrava un oggetto misterioso: troppo strano per essere un blockbuster, troppo tecnologico per il pubblico di massa, troppo avanti per il suo tempo. Oggi, con l’arrivo di Tron: Ares dal 9 ottobre 2025 nelle sale, vale la pena riscoprire perché questo film visionario di Steven Lisberger è diventato un cult assoluto, e come ha anticipato (con inquietante precisione) il mondo in cui viviamo ora. Se volete potete vederlo su Disney+.
All’inizio degli anni ’80 i computer erano o enormi macchine da calcolo usate da governi e industrie, o cabinati rumorosi da sala giochi. In quel contesto, Tron catapultava gli spettatori in un mondo completamente nuovo: un universo digitale abitato da programmi senzienti, IA totalitarie, combattimenti “virtuali” e lotte per la libertà dei dati.
La trama seguiva Flynn (Jeff Bridges), un genio dell'informatica risucchiato in una realtà cibernetica dominata da un’intelligenza artificiale, il Master Control Program.Oggi parliamo di AI, metaverso, identità digitale, sorveglianza e big tech come se fossero temi nati ieri. Ma Tron ci stava già raccontando tutto questo... nel 1982.
Lisberger non si limitò a immaginare computer più veloci: visualizzò per la prima volta un mondo interamente digitale, oggi chiameremmo metaverso. Quell’ambiente nero, fluorescente, geometrico – che oggi può sembrare vintage – all’epoca era pura avanguardia. Era la prima volta che il pubblico vedeva sullo schermo una simulazione visiva del mondo digitale, qualcosa che nessun altro aveva mai osato.
Tron fu il primo film ad usare lunghe sequenze di CGI, per un totale di 15 minuti: una follia, nel 1982. Tutto venne creato a mano, pixel per pixel, calcolando a mano coordinate e angolazioni, senza la possibilità di vedere in anteprima il risultato. La computer grafica era così nuova che l’Academy squalificò Tron dagli Oscar per i migliori effetti visivi, perché “usare i computer era barare”.
Eppure, proprio grazie a Tron, si sono ispirati registi come James Cameron, i Wachowski, George Lucas, Peter Jackson e John Lasseter, il creatore di Toy Story, che disse: “Senza Tron, non ci sarebbe stato Toy Story”.
La riflessione che Tron proponeva era chiara: chi controlla i dati, controlla il potere. Flynn combatteva per riappropriarsi del suo codice rubato da una corporation, ma oggi ci troviamo in una realtà dove le nostre identità digitali sono disseminate su server di aziende come Meta, Google o Apple.
Lisberger immaginava il computer come uno strumento di liberazione democratica. Oggi, con l'AI che minaccia la disinformazione e la manipolazione su scala globale, quella visione appare tanto idealista quanto profetica. “Tron è idealista: ‘Se mettiamo questi strumenti nelle mani delle persone, la democrazia sarà garantita per sempre’. Ma nessuno aveva previsto complotti, hate speech, o quanto la tecnologia sarebbe diventata tossica.”
Tron non fu un successo commerciale. Uscì lo stesso anno di E.T. e I predatori dell’arca perduta, piazzandosi al 26° posto al box office. Ma la sua influenza culturale e tecnica è stata enorme. La sua estetica è diventata un’icona. Il videogioco tratto dal film incassò più del film stesso. E nei decenni successivi, Tron è tornato con una fanbase sempre più affezionata: prima con Tron: Legacy (2010), poi con una serie animata e ora con l’attesissimo Tron: Ares.
In un’epoca dove parliamo ogni giorno di intelligenze artificiali, identità virtuali, libertà digitale e controllo algoritmico, Tron è diventato più attuale ora di quanto non lo fosse alla sua uscita. Rivederlo oggi è come leggere una profezia vintage del mondo che ci circonda.
Con l’arrivo di Tron: Ares, è il momento perfetto per riscoprire dove tutto è cominciato. Perché prima del metaverso, prima del deepfake, prima di Matrix, c’era Tron.
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