La storia vera di Dead Man's Wire, il film di Gus Van Sant in anteprima a Venezia 82
Il nuovo film di Gus Van Sant racconta la vita e le sfide di un giovane musicista tra arte, attivismo e scelte morali.
Mancano pochi giorni alla fine della 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ma Pietro Marcello con il suo Duse cambia un po' le carte in tavola nella corsa al Leone d'Oro, in gran parte per l'interpretazione vibrante e intensa di Valeria Bruni Tedeschi. L'attrice nei panni dell'iconica Eleonora Duse incanta ed emoziona, ipnotizzando lo spettatore.
Durante la conferenza stampa sono emerse curiosità sul processo creativo del film, sulle scelte artistiche e sulle sfide affrontate sul set, offrendo un ritratto più vicino e umano di un progetto atteso e ambizioso.
Eleonora Duse ha alle spalle una carriera straordinaria, già entrata nella leggenda, che sembra ormai giunta al termine. Eppure, negli anni duri segnati dalla Prima Guerra Mondiale e dall’ombra crescente del fascismo, la “Divina” avverte un richiamo impossibile da ignorare: il palcoscenico, il luogo da cui tutto era iniziato.
Non si tratta soltanto del desiderio di tornare a recitare. Per Eleonora è una necessità profonda, quasi vitale: riaffermare la propria identità in un’epoca che cambia con ferocia, pronta a strapparle non solo il successo, ma persino quell’indipendenza conquistata con fatica in tutta una vita di lavoro. Le difficoltà economiche la costringono a scegliere e lei, ancora una volta, si affida al teatro, l’unico spazio dove verità e resistenza possono sopravvivere.
La sua arte diventa così un’arma sottile ma potentissima: ogni parola pronunciata, ogni gesto compiuto sul palco si trasforma in un atto di sfida contro il tempo, la disillusione e la brutalità della Storia. Ma un simile coraggio ha un prezzo. Gli affetti si allontanano, la salute vacilla, e il corpo fragile non regge più come un tempo. Eppure Eleonora affronta l’ultimo tratto della sua esistenza con la stessa intensità con cui ha vissuto ogni ruolo. Con la forza silenziosa di chi sa che si può rinunciare a molte cose – perfino alla vita stessa – ma mai alla propria essenza più autentica.
Come è avvenuto il tuo incontro con Eleonora Duse e perché ti sei concentrato sugli anni che vediamo nel film?
Pietro Marcello: Grazie a Letizia Russo e Guido Silei che lavoravano a delle ricerche su di lei mi sono appassionato alla storia. Sono sempre stato affascinato dai personaggi di rivolta e fin dal soggetto ho pensato subito a Valeria Bruni Tedeschi come protagonista. Poi con questo film non volevo fare un biopic, ma volevo raccontare lo spirito della Duse. Il suo lascito sono tante foto, un film Cenere e una registrazione audio che è andata perduta. Quello che mi interessava era lo spirito di questa donna che ha potuto impersonificare Valeria, quindi abbiamo lavorato in uno stato di grazia.
Mi sono concentrato su un periodo in particolare perché erano gli anni della dissoluzione. La Duse è un personaggio ottocentesco che si affaccia sul secolo breve, il 900, ed è un po' quello che accade in questo momento storico, è il tempo dell’ignavia dove niente è vero e tutto è permesso.
Valeria come hai lavorato su un personaggio di cui non esiste tanto materiale?
Valeria Bruni Tedeschi: Quando ero giovane avevo una coach con cui ho studiato il metodo di Strasberg e lei ci parlava molto della Duse. Anche Strasberg adorava la Duse perché aveva l'impressione che lei, senza saperlo, avesse capito qualcosa del metodo. Anche Checov e Stanislavskij la adoravano.
Era successo che in tre parti del mondo diverse il mestiere dell’attore era cambiato, lei cercava la verità e questa mia maestra ce lo comunicava e ci faceva fare dei laboratori. Quando mi è stato proposto questo ruolo mi sono riconnessa con la mia coach morta 15 anni fa, lavoro spesso con i morti.
Ho chiesto a lei di venire come anche alla Duse, considerandola come una persona incontrata su un treno di cui sono diventata amica. Spero che dopo questo film lei mi voglia un po’ bene. Ho lavorato con la biografia di William Weaver e con le lettere che aveva scritto alla figlia Enrichetta che sono anche un tesoro di scrittura perché lei scriveva molto bene.
Nel film viene presentata la Duse come un artista umana e sensibile, ma che nello stesso tempo supporta Mussolini e il regime. Cosa ne pensate di questo conflitto?
Valeria Bruni Tedeschi: Non penso che la Duse fosse per Mussolini, si è sbagliata per presunzione e ingenuità, ha pensato di poter ottener un teatro da Mussolini e poter andare contro l’arroganza e la brutalità del fascismo e di vincere. Ma per me tutti possiamo sbagliare, fa parte dell’essere umano e i personaggi perfetti non sono interessanti da raccontare.
Pietro Marcello: La storia racconta cosa vuole, credo che il fascismo si sia appropriata della Duse come del milite ignoto che è stato un simbolo di pace che poi è servito come eroe nazionale per fare le guerre d'Africa, lo sfascio del fascismo fino alla Seconda guerra mondiale. Il potere è stato sempre attratto dagli artisti ma gli artisti sono persone fragili e umani, sono state raccontate tante storie ma a noi interessava era raccontare lo spirito e l’anima della Duse. Attraverso la bellezza l’arte cura l’anima.
Cosa ha dato a Venezia questo film?
Pietro Marcello: Per me Venezia è una delle città più belle del mondo, da giovane l’ho vissuta e ho riconsegnato questo film alla laguna e mi emoziona molto questa cosa.
Cosa senti di avere in comune con la Duse? E come ti sei riconnessa con lei, come hai accennato prima?
Valeria Bruni Tedeschi: Per tante cose mi sento spiritualmente familiare con la Duse. Per me come per lei il lavoro è ossigeno, la possibilità di fare l’attrice, la regista e scrivere per me è ossigeno. E lei non era una star, io non mi sento per niente una star, ma aveva l’idea che migliorarsi umanamente era più importante di tutto, anche per migliorare artisticamente.
Mi tocca la sua umanità, l’essere attenta agli altri, alla fragilità degli altri. Ho lavorato con lei in un modo segreto e non posso raccontarlo. Faccio delle specie di riunioni in cui parlo con persone che mi aiutano a lavorare, che siano morte o vive e poi vado sul set e mi sento forte. Poi la Duse era conosciuta per piangere, la si vedeva piangere spesso e anche io ogni tanto piango.
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