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Il Giappone rischia di restare senza birra: la colpa però non sarebbe di uno sciopero oppure di una stretta proibizionista da parte del governo di Tokyo, ma di un attacco informatico subito dal Gruppo Asahi, il più grande produttore del Paese e autentico colosso a livello internazionale nel settore della birra e non solo. Il Giappone è uno di quei posti dove questa bevanda alcolica è assai apprezzata: il consumo annuo è di 35 litri per ogni abitante, per un giro d'affari complessivo stimato in oltre 15 miliardi di dollari. La birra più consumata nel paese del Sol Levante è di gran lunga proprio l'Asahi - seguita dalla Kirin e dalla Sapporo -, ma presto lattine e bottiglie di questo marchio potrebbero iniziare a scarseggiare.
Nei giorni scorsi infatti la maggior parte degli stabilimenti del Gruppo Asahi in Giappone si sono fermati: tutta colpa di un attacco informatico che ha colpito i sistemi di ordinazione e consegna. A causa di questa problematica i principali rivenditori giapponesi - tra cui diffuse catene di supermercati giapponesi come 7-Eleven e FamilyMart - hanno avvisato i clienti che potrebbero esserci carenze di prodotti Asahi che riguardano, oltre alle celebri birre, anche bevande analcoliche e generi alimentari. Il rischio concreto così è quello di restare senza birra.
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Asahi non solo è il più grande produttore di birra del Giappone, ma rappresenta una sorta di top player a livello internazionale. Il gruppo nipponico infatti possiede anche altri marchi come Fullers, Pilsner Urquell, Grolsch e la nostra Peroni, un'istituzione nel Belpaese. Cosa è successo allora nei giorni scorsi? Da lunedì 29 settembre gli stabilimenti giapponesi dell'azienda sono fermi dopo che un attacco informatico ha causato un'interruzione del sistema. In sostanza sono interrotte l'elaborazione degli ordini, le spedizioni e le funzioni del call center. Al momento poi non è dato sapere quando si potrà tornare a una piena attività.
L'attacco informatico starebbe iniziando a creare problemi in Giappone, e non soltanto per quanto riguarda il settore della birra. In tutto l'arcipelago infatti ristoranti, bar e negozi starebbero esaurendo le scorte di birra a marchio Asahi, di gran lunga la più bevuta nel Paese. Pur continuando ad accettare ordini per cibo e bevande analcoliche - ordini questi scritti a mano come si faceva una volta -, l'azienda invece non sta accettando ulteriori ordini per bevande alcoliche. Le azioni di Asahi hanno subito un calo di circa il 4% in seguito alla diffusione della notizia dell’attacco compiuto dagli hacker.
Dai principali venditori di birra fino a bar e ristoranti il coro sembrerebbe essere unanime: ormai non ci sarebbero più prodotti a marchio Asahi da vendere. Il risultato è che i giapponesi adesso starebbero passando all'acquisto di altre marche di birra, con i più afecianados che starebbero facendo autentiche scorte visto che al momento non si riesce a capire quando il gruppo riuscirà a tornare a ricevere ordini ed effettuare consegne: un episodio questo che ha riacceso il dibattito anche sulla sicurezza informatica, visto che è bastato un attacco ben orchestrato per mandare in tilt un autentico colosso internazionale.
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