Alla scoperta di Chamois, il paese senza auto della Valle d’Aosta
Un luogo dove tutto rallenta e segue il ritmo della natura
Vivono di silenzi e di spazi temporali dilatati, raccontano di una natura implacabile che ne ha ridefinito il destino, dell’uomo che li ha creati e poi abbandonati. Qualcuno li chiama “i borghi che se ne vanno”, perché a guardarli, cristallizzati come sono in immutabili fermoimmagine, si ha l’impressione che non possano fare altro che sgretolarsi ed esaurirsi. Eppure, restano lì, sospesi, testimoni di una parabola discendente, di qualcosa che fu – un’utopia, un’impresa naufragata – e di cui adesso non rimane che un segno, ancora tangibile o sempre più evanescente, tra le mura o nelle strade acciottolate. I borghi fantasma in Italia sono oltre seimila: alcuni conservano una bellezza struggente, altri sono poco più che un cumulo di pietre, frammenti malinconici di una storia senza lieto fine, altri ancora alimentano leggende in grado di animarli al posto degli abitanti che non hanno potuto. Tutti, però, suscitano uno stupore quasi mistico, perché davanti a luoghi simili, che sia per il brivido o l’intrinseca poesia, rimanere impassibili non è contemplato. Dalla lagunare e sinistra Poveglia, alla cinematografica Monterano, fino alla vertiginosa Craco, seguono le città dei lunghi, straordinari addii.
Marginalizzati, lasciati alla vegetazione, poi di nuovo celebrati, fotografati e resi immortali: i borghi fantasma in Italia vivono oggi di turismo e di sguardi rapiti. Ecco i più belli, da Nord a Sud.
Proprio accanto al Lido di Venezia, ma al riparo dai riflettori e dal glamour più ammiccante, sorge un isolotto dalla fama sinistra e in totale abbandono: Poveglia. Florido centro nell’Alto Medioevo, inizia il suo inarrestabile declino quando la Guerra di Chioggia (1378-1581) costringe gli abitanti all’evacuazione verso Venezia. Da allora, marginalizzato per fini sanitari, non recupera più la sua dimensione cittadina: diventa lazzaretto per gli appestati, poi stazione per la quarantena marittima. Viene interdetto l’accesso, perché sono troppi i sepolti e il rischio di contagio è impossibile da contenere; nel tempo, l’abbandono è definitivo. Le storie di fantasmi non si fanno attendere, al punto che la sua reputazione lo precede e basta pronunciare il suo nome per far trasalire gli abitanti della laguna (e non solo). Il crepuscolo di Poveglia, che spera ancora di rinascere ma ad oggi si può guardare solo da lontano, si oppone così all’eterna luce di Venezia, in un’immagine di struggente contrasto.
Non ha bisogno di presentazioni Civita di Bagnoregio, la “Città che muore” – nelle parole dello scrittore Bonaventura Tecchi che vi trascorse la giovinezza –, arroccata in impossibile equilibrio sulla sua collina di tufo, tanto fragile da sembrare sbriciolarsi a ogni sguardo. L’erosione che la caratterizza ha dato luogo a uno spettacolo di impensabile bellezza che si esprime tutto intorno nella scenografia naturale (e surreale) della valle dei calanchi, al confine tra Lazio e Umbria. Accessibile tramite un’unica strada pedonale in cemento, l’incanto del decadente borgo sospeso nel vuoto continua ad attrarre visitatori e curiosi da tutto il mondo, spronati dal senso di urgenza che lo pervade: oggi c’è, domani non si sa. Anche questa è la sua poesia.
Monterano ha conosciuto, nella storia, l'apogeo e il declino, la ricchezza e la povertà, la gloria e l'oblio. Funestato dalla malaria, saccheggiato dalle orde napoleoniche, ma anche adorato da facoltose famiglie del Bel Paese, che riempirono i suoi saloni di musica e risate, questo borgo perduto incastonato nella cornice del lago di Bracciano ha visto sfilare le epoche, sperimentando sulla sua pelle, a fasi alterne, l’opulenza sfrenata e il crollo inesorabile. In un passato fastoso ospitò giovani artisti del calibro di Bernini, oggi, invece, sembra giacere in un sonno profondo, avvolta da un manto di vegetazione che si insinua tra le sue cicatrici. Eppure, le rovine di Monterano parlano ancora, meta prediletta dei pellegrini della settima arte, che qui ha trovato la cornice ideale per raccontare storie come quelle di Ben Hur e del marchese del Grillo.
Tra i borghi fantasma in Italia, è probabilmente quello per antonomasia, dove il senso di caducità è impresso in ogni angolo. Distrutta nel 1963 da una frana che ha costretto i locali ad abbandonarla per rifugiarsi nel nuovo comune di Craco Peschiera, la città di Craco, in provincia di Matera, è riuscita a resistere aggrappandosi alla roccia che le fa da habitat naturale, stringendola in un abbraccio simbiotico. Visitare questo spaccato della Basilicata significa immergersi in un luogo altro, pervaso da un silenzio rotto solo dal rumore dei passi di chi ci si addentra, e, a tratti (o almeno così pare), dall’eco delle voci degli abitanti che una volta la popolavano. Ferita, oltraggiata, eppure fieramente tenace, Craco chiede di essere ammirata, dal vivo oppure dietro il filtro hollywoodiano della macchina da presa: Mel Gibson l’ha scelta per girare La passione di Cristo.
Madre, matrigna: nel caso di Pentadattilo, si può dire che la natura abbia mostrato entrambi i volti. Generosa, ha regalato a questo borgo in provincia di Reggio Calabria una cornice tanto grandiosa da sembrare irreale, con cinque guglie rocciose che vengono fuori dal monte Calvario e ricordano le dita di una ciclopica mano – da cui il nome – e accolgono le vecchie case come in un presepe vivente. Ma è stata anche spietata, quasi a voler punire l’uomo di per la sua smisurata ambizione, quella che non ha tenuto conto dell’instabilità di un terreno poco adatto alla civiltà, devastata da un terremoto nel 1783. Lo spopolamento è stato inesorabile, o quasi: Pentadattilo è stata infatti anche teatro di una crudele guerra tra famiglie nobiliari, un conflitto che, si vocifera, non dà pace a certi spiriti vagabondi di cui ancora oggi non si fatica ad avvertire la presenza. L’unica, in un paese fantasma, insieme a quella delle botteghe artigiane che dagli anni '80 cercano di rianimarlo. Arrivare fin qui non è una passeggiata, ma l’incantesimo che si palesa allo sguardo ripaga qualsiasi sforzo.
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