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Alla Mostra del Cinema di Venezia 82 si è tenuta oggi la conferenza stampa de Il Maestro, il nuovo film diretto da Andrea Di Stefano con Piefrancesco Favino che ha catalizzato l’attenzione della stampa internazionale. Il regista italiano, affiancato dal cast principale, ha presentato al pubblico un’opera emozionante - al cinema a Novembre - e in parte autobiografica che utilizza il tennis come metafora della vita.
Siamo alla fine degli anni Ottanta, in un’estate sospesa tra speranze e illusioni. Felice (Tiziano Menichelli), tredici anni appena, è un talento acerbo del tennis, ma sulle sue spalle grava già il peso enorme delle aspettative paterne: un padre che ha scommesso tutto sul suo futuro, trasformando ogni allenamento in un investimento, ogni partita in una prova di vita.
Con l’arrivo dei primi tornei nazionali, il ragazzo viene affidato a Raul Gatti (Pierfrancesco Favino), ex promessa del tennis italiano che vive ormai all’ombra di un unico risultato da ricordare: un ottavo di finale al Foro Italico. Raul è un uomo segnato da sogni irrealizzati e da un presente intriso di rimpianti, ma accetta l’incarico forse per dare un senso nuovo alla propria esistenza, forse solo per dimenticare il vuoto che lo accompagna.
Inizia così un viaggio lungo la costa italiana: campi assolati, trasferte infinite, stanze d’albergo impersonali e incontri inattesi. Le giornate diventano un banco di prova non solo per Felice, che deve imparare a giocare per se stesso e non per compiacere gli altri, ma anche per Raul, che riscopre il valore della condivisione e la possibilità di lasciare un’eredità diversa dal successo mancato.
Nel loro rapporto, fatto di contrasti e complicità, si intrecciano la voglia di crescere e il bisogno di riscattarsi. È la storia di un’estate che diventa formazione, di un legame capace di trasformare due destini fragili. Perché nello sport – come nella vita – certe occasioni arrivano una volta sola, e lasciano segni indelebili.
Ci sono delle connessioni profonde con la tua vita in questo film, anche tenendo conto del messaggio in codice divertente all'inizio nei titoli di testa?
Di Stefano: Sì molte scene del film sono cose che ho vissuto veramente e ho provato in qualche modo a reinventarle e riprodurle. Un film in parte autobiografico che vuole in qualche modo rendere omaggio a un incontro fortunato di quando avevo la mia prima adolescenza e un maestro di tennis mi ha detto una cosa che mi ha attirato a crescere.
Nella vita vi piace giocare da fondo capo o osate di più e attaccate e che rapporto avete con il tennis che in questo momento è sulla bocca di tutti grazie a Sinner?
Di Stefano: come tennista io giocavo in attacco e credo che quella è un po' la mia indole.
Favino: Potrei sembrare uno da fondo ma in realtà sono più dedito alle palle corte, a tentare di cambiare ritmo e a divertirmi per quanto possibile però sembro un pallettaro. La mia ricerca è più su nuovi colpi.
Che tipo di riflessione hai fatto su questo personaggio che insegna a un ragazzo che nella vita si può fallire e le sconfitte fanno parte della nostra vita in un momento storico in cui ci chiedono di essere sempre performanti, soprattutto i giovani di oggi?
Favino: Andrea dice una cosa che mi piace molto: 'Due sconfitti possono fare una vittoria" e credo sia un po' così. Sicuramente c'è un'ossessione in questo momento, soprattutto visto che abbiamo anche molti tennisti italiani - soprattutto uno - ma un'intera generazione che deve dimostrare di cosa è capace e c'è una ossessione sociale che bisogna per forza essere una persona di successo per esistere al mondo. Questa storia tra le altre vene fa vedere che si può stare al mondo anche se non si ha per forza successo, se non si è i numero uno.
Hai avuto un maestro nella vita?
Favino: Di maestri ne ho avuti tanti, a volte anche casuali. Spesso alcuni insegnamenti mi sono arrivati nei momenti meno attesi. Per esempio quando studiavo recitazione all'Accademia c'era Stefano Valentini, un insegnante di danza. Io ovviamente non ero lì per diventare un ballerino, però lui non ti insegnava a ballare ma a trovare la musica dentro di te e credo che un insegnante dovrebbe essere questo e questo film dice in qualche modo questo.
Di Stefano: Io da ex sportivo quando andavo a vedere i film sullo sport di solito non mi riconoscevo perchè alla fine raccontano sempre storie di persone che alla fine ce la fanno nell'ultima scena. Ma non era la mia storia, non sono mai stato un vero vincente fino all'ultimo. Sul tabellone di tennis ci sono 64 giocatori, uno vince ma chi parla di tutti gli altri?
Quindi mi sono sempre chiesto se poteva reggere una storia di uno sconfitto, perchè alla sera durante i tornei prima di dormire i sogni di gloria ci sono per tutti. Siccome ho frequentato la sconfitta, volevo raccontare in qualche modo una sorta di eroismo della sconfitta. Uno sconfitto di oggi e uno di ieri che alla fine capiscono che la gioia di vivere è altro e c'è sempre la speranza il giorno dopo.
Tiziano Menichelli cosa ti è piaciuto di Felice?
Menichelli: Mi ha colpito il suo carattere che è un po' come il mio. Lui è molto sensibile, è empatico e stare sul set con tutti loro è stato bello, mi hanno aiutato e mi hanno insegnato tante cose. L'unica cosa che posso fare è ringraziare tutti.
Cosa ti ha insegnato Pierfrancesco?
Tiziano Menichelli: Mi ha insegnato a perdere, no scherzo. Mi ha insegnato tante cose ed era sempre molto disponibile sul set. Una cosa di cui gli sono molto grato è che non è scontato che qualcuno fuori dall'inquadratura aiuta chi è in scena e lui invece lo faceva e mi è stato molto utile.
Il tennis come metafora della vita in questa storia?
Ludovica Rampoldi: Ho visto molti video di lezioni di tennis, per esempio mi ricordo una di Federer che parlava dei punti persi. Ogni punto perso lascialo indietro e concentrati sul presente e questo mi ha aiutato a scrivere questa storia. Una commedia umana e umanista con due personaggi di cui uno oberato dal peso delle aspettative sul proprio futuro e l'altro dai rimpianti per il proprio passato, imparare nell'essere nel qui e ora e nel punto che stanno giocando in quel momento è stato un punto chiave per raccontare questa storia.
Raoul è un secondo padre per Felice che non ha paura di mostrare le sue debolezze. Quanto è importante dimostrare anche una fragilità di fronte ai propri figli?
Favino: I figli hanno il bisogno di disobbedire, di superarti e uscire dal legame carnale che è da rompere a un certo punto. Quando la condizione medica non gli permette di nascondere il suo stato d'animo e di salute, le fragilità di entrambi vengono fuori ed entrambi si mostrano e si accetta che questo incontro diventa non univoco.
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