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Nel cuore dell’antica Mesopotamia, laddove sorgeva la gloriosa città di Ninive, una nuova eccezionale scoperta archeologica riporta alla luce la grandezza perduta dell’Impero Assiro. Nei pressi dell’odierna Mosul, in Iraq, una missione congiunta tra l’Università di Heidelberg e un gruppo di archeologi iracheni ha svelato un tesoro di inestimabile valore: 15 colossali Lamassu, i mitici tori alati con volto umano, simboli di protezione divina e autorità imperiale.
Queste imponenti figure, scolpite tra il 704 e il 626 a.C., presidiavano un tempo gli ingressi monumentali del palazzo reale di Tell Nabi Yunus, oggi sito archeologico che ospita anche la storica Moschea del Profeta Giona. Di queste statue, ben 12 sono ancora intatte e nella loro posizione originaria, una rarità che lascia sbalorditi anche gli esperti più esperti.
I Lamassu scoperti rappresentano qualcosa di più di semplici statue: sono guardiani mitologici che, secondo la tradizione assira, proteggevano i confini tra il mondo degli uomini e quello degli dei. Ogni figura, scolpita con maestria nella pietra, incarna forza, intelligenza e velocità, virtù che riflettevano quelle dei sovrani per i quali venivano eretti.
Oltre ai tori alati, gli archeologi hanno portato alla luce bassorilievi finemente decorati, che un tempo adornavano la sala del trono. Le scene scolpite raccontano di processioni solenni, rituali religiosi e battaglie epiche, veri e propri strumenti visivi di propaganda utilizzati per celebrare la grandezza dei re assiri come Sennacherib, Esarhaddon e Assurbanipal, gli artefici dell’espansione e dello splendore di Ninive.
L’importanza di quanto emerso va ben oltre il numero o la grandezza delle statue (una, trovata nel 2025, misura ben sei metri di altezza, la più grande mai rinvenuta). È la diversità tecnica a sorprendere: alcune statue sono state scolpite da blocchi monolitici, mentre altre risultano assemblate in sezioni, una tecnica insolita per l’architettura tardo-assira.
Questo dettaglio potrebbe suggerire una transizione artistica e costruttiva avvenuta verso la fine del VII secolo a.C. Secondo Markus Feldmann, referente della missione tedesca, questi ritrovamenti potrebbero colmare importanti lacune nella comprensione dello sviluppo artistico dei territori della Mesopotamia, contribuendo a una rilettura delle pratiche architettoniche e spirituali dell’epoca.
Un tempo capitale di uno dei più vasti imperi dell’antichità, Ninive fu una metropoli straordinaria affacciata sul fiume Tigri, con palazzi maestosi, templi scintillanti e giardini leggendari. Le recenti scoperte sono tanto più significative se si considerano gli anni di conflitti e devastazioni che hanno minacciato il patrimonio iracheno. “Ogni pietra qui racconta la nascita della civiltà — ha dichiarato il presidente del Consiglio per le Antichità, Shalgham —. È un messaggio al mondo: l’Iraq non è solo terra di guerre, ma culla della storia umana.”
Oggi, grazie all’impegno congiunto di archeologi locali e internazionali, Ninive torna a parlare. I Lamassu, silenziosi ma eterni, sembrano volerci ricordare che la memoria delle grandi civiltà non si spegne mai. Anche dopo tremila anni, queste statue non smettono di raccontare — con le loro ali spiegate e lo sguardo scolpito nella pietra — il passato di un’umanità che costruiva nel nome degli dei e degli uomini.
Per chi ama la storia, l’archeologia e la meraviglia delle civiltà perdute, Tell Nabi Yunus diventa così una nuova tappa da segnare sulla mappa del mondo antico, dove le voci del passato tornano a farsi sentire con forza. Ulteriori foto si possono trovare sulla pagina Facebook ufficiale del Ministero della Cultura, del Turismo e dell'Archeologia.
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