Lo squalo, uscito in sala nel 1975, ha compiuto 50 anni - Foto di Wikimedia Commons

Quella sera in cui ho fatto impazzire l'algoritmo andando al cinema a vedere Jaws

Nelle sale impazza il business del déjà vu, ma a che prezzo?
A cura di Carolina Tocci
Articolo pubblicato il:
4 Dicembre 2025

Parliamo dei film cult che tornano al cinema, ormai sempre più spesso. Arriva, per tutti prima o poi, un'età in cui il presente smette di piacere. È il momento in cui si torna a cercare rifugio nei classici (definire un film classico, ormai è una questione generazionale. Per noi nati negli anni Settanta i classici sono Via col vento o Eva contro Eva. Per le generazioni successive, Pulp Fiction è un classico). Così, mentre il box office arranca dietro a supereroi stanchi e sequel di sequel che nessuno ha chiesto di vedere, le sale italiane (e non solo) si sono riscoperte da tempo dei templi della nostalgia: ripropongono Titanic, Pulp Fiction, Fantozzi, Harry Potter e la pietra filosofale, Mamma, ho perso l'aereoproprio in questi giorni — mentre la Paramount ha appena annunciato di voler riportare in sala Top Gun nel maggio 2026 per il 40° anniversario.

Andare a (ri)vedere i film cult al cinema
La tendenza di riproporre film classici al cinema - Foto Shutterstock by Shutterstock_Drazen Zigic

Sono film che non hanno bisogno di campagne di marketing particolarmente agguerrite perché, semplicemente, sono già entrati a far parte della memoria collettiva degli spettatori. E si promuovono da soli. È una tendenza che funziona, e funziona perché lo dicono i numeri, ma anche perché consola.

Andare al cinema oggi per rivedere un film di ieri è come tornare nel bar dove facevano il cappuccino come lo ricordavi tu: non è la schiuma a essere speciale, è il momento in cui tu eri lì a gustarti quella schiuma. L’esperienza della sala, che l’industria ha provato invano a reinventare con poltrone reclinabili, audio di ultima generazione e secchi di popcorn da quindici euro, ritrova improvvisamente il suo senso più autentico nella memoria e nella ritualità di vedere un film che hai amato, insieme ad altri che lo hanno amato nello stesso modo.

La visione di Jaws in sala

Lo squalo, il film di Steven Spielberg che ha compiuto 50 anni

Piuttosto recentemente ho partecipato a uno di questi déjà vu cinematografici. A settembre quando, per i 50 anni dall'uscita, la Universal Pictures ha riportato in sala Jaws (Lo squalo) — per chi scrive il film più bello del mondo — per l'occasione in versione restaurata in 4K. Credo sia il film che ho visto più volte in assoluto, che non riesco a non guardare quando, facendo zapping in TV, me lo ritrovo davanti. Ne è valsa la pena rivederlo in sala? Sì. Era un'esperienza che mi mancava, dato che lo avevo sempre visto in tv. Un'esperienza che rifarei altre cento volte.

Un atto di ribellione

Mentre ero lì, seduta, a godermi lo spettacolo, riflettevo su quanto, in un’epoca in cui tutto è disponibile subito, rivedere un film vecchio al cinema possa diventare quasi un atto di ribellione: in quel momento stavo mettendo in pausa l'urgenza dettata dal presente e mi stavo godendo uno spicchio di pura nostalgia.
Paradossalmente, oggi, quello che è disponibile ovunque, ha meno valore. Il grande schermo dà al vecchio film una ritualità che lo streaming non può concedere: un orario preciso, un biglietto da prenotare, una sala piena, l’impossibilità di mettere in pausa. Questi "limiti" — che prima erano la normalità — oggi sono diventati un lusso. E come tutti i lussi, si portano dietro un po' di trasgressione.

Quindi il mio uscire di casa per andare a ri-ri-rivedere al cinema un film cult che avrei potuto ri-ri-rivedere gratis a casa sul divano, diventa una forma di disobbedienza gentile. Il fatto che la sala fosse piena, poi, mi ha fatto percepire i miei vicini di posto come dei ribelli inconsapevoli, gente che ha fatto la mia stessa scelta anacronistica. E il fatto di trovarci tutti lì, in quella sala, quella sera, ha mandato in tilt l'algoritmo delle piattaforme a cui sono abbonata.

Di algoritmi impazziti e altre amenità

film cult al cinema: perché è un atto di ribellione rispetto a vederli sulle piattaforme in streaming
Film sulle piattaforme di streaming - FotoShutterstock by bigshot01

Gli algoritmi delle piattaforme, ormai lo sanno anche i muri, vivono di previsioni: ti suggeriscono ciò che dovresti voler vedere, basandosi su quello che hai già visto, su quello che guardano persone che hanno gusti simili ai tuoi e su quello che — per pura statistica — dovresti guardare. È un sistema che funziona benissimo: se hai appena visto una serie true crime, eccotene un’altra; se hai guardato una commedia romantica, eccone tre che ti piaceranno ancora di più della prima, e via dicendo.
Ma quando tu decidi di andare in sala a rivedere un film che l’algoritmo ti dà già, gratis, ecco che il sistema va in tilt. Non torna nessuna delle sue equazioni, e si domanderà: perché mai dovresti pagare per un’esperienza meno efficiente, meno personalizzabile, meno “on-demand”, cioè meno tutto, rispetto a quella che posso offrirti io?

Siamo troppo umani perché l'algoritmo ci capisca

E qui una risposta potrebbe essere che l’algoritmo impazzisce perché è convinto che i nostri desideri funzionino come i suoi calcoli: lineari, coerenti, progressivi. Lui ragiona per prossimità — se ti è piaciuto questo, allora amerai quello — mentre gli esseri esseri umani spesso sono discontinui, cambiano idea, optano per scelte improvvise e di pancia.
Come andare a rivedere un film cult al cinema, scelta che per un algoritmo non ha alcun senso, né economico né narrativo. Non contempla la possibilità che la risposta sia una cosa scandalosamente inefficiente: la mancanza. La mancanza di quel momento in cui lo vedesti la prima volta, delle persone con cui eri, persino del te stesso che eri allora. Questo perché sa correlare, ma non sa comprendere. Sa prevedere, ma non sa interpretare. Sa cosa guardi, ma non sa perché lo guardi.

Ma, soprattutto, non sa questo: che a volte scegliamo non quello che è nuovo, ma ciò che ci restituisce un frammento di noi stessi del passato.

Il paradosso della sala che diventa museo

Ma tutto questo amore per i film cult che tornano al cinema porta con sé un rischio che l'industria teme, e a ragione: che la sala diventi il museo di se stessa. Un luogo dove si va non per scoprire, ma per commemorare. Se il pubblico si abitua a entrare solo quando c’è Titanic o Mamma, ho perso l'aereo, chi troverà il coraggio (e investirà) per rischiare su qualcosa di nuovo? È un paradosso perfetto: il ritorno al cinema passa per l’assenza di cinema "nuovo". Una sala piena per Harry Potter è una bellissima notizia sul piano emotivo, ma un segnale inquietante sul piano dell'industria — perché ci dice che abbiamo smesso di credere che il futuro possa ancora sorprenderci sul grande schermo.

Vuoi di più? Estendi il tuo mondo digitale con la nostra app – scaricala subito!

Carolina Tocci
Direttore Responsabile

Giornalista, editor e consulente editoriale, il suo mondo sono i contenuti. Crede nella libera informazione e nel potere salvifico del cinema e di un testo scritto come si deve. In costante bilico tra idealismo e pragmatismo, ama le storie non ancora raccontate e la cultura in ogni sua forma.

KuriUland, prima di pubblicare foto e video, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne l’appartenenza o il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi.
Per segnalare alla redazione eventuali errori nell’uso del materiale, scriveteci a magazine@kuriu.it, provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi. KuriUland è una testata registrata al Tribunale di Roma con il n° 38 del 07 Marzo 2023.
OLTRE L'ESPERIENZA
Seguici sui nostri canali social 
cross