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A Los Angeles, durante i Governors Awards, Hollywood ha compiuto un gesto che per anni sembrava impossibile: consegnare a Tom Cruise il suo primo Oscar. Non un premio competitivo, ma un Academy Honorary Award che suggella quarantacinque anni di carriera, di dedizione assoluta al mestiere e di impatto culturale su un’industria che, nel bene e nel male, non è mai riuscita a ignorarlo.
Per decenni, l’assenza di un Oscar accanto al suo nome è stata letta come una sorta di tabù: l’Academy, nonostante le candidature, era rimasta diffidente verso l’attore, complice anche il suo controverso legame con Scientology. Ma i tempi cambiano, e la serata di gala dei Governors Awards è sembrata proprio il momento in cui Hollywood ha deciso di andare oltre ogni pregiudizio per riconoscere ciò che Cruise rappresenta davvero.
A motivare il premio è stata Janet Yang, presidente dell’Academy, che ha parlato del “contributo incredibile di Cruise alla comunità cinematografica, all’esperienza in sala e al mondo degli stunt”. Ha ricordato come l’attore sia stato decisivo nel portare a termine Mission: Impossible 7 nel 2020, mentre Hollywood era paralizzata dalla pandemia: un gesto che, secondo Yang, “ha aiutato l’industria a superare un momento estremamente difficile”. Un riconoscimento, dunque, che arriva a colmare una lacuna sentita da anni da colleghi, tecnici e pubblico.

Nella narrazione intorno a questo Oscar onorario pesa anche una frase diventata iconica. Qualche tempo fa, durante un incontro pubblico, Steven Spielberg si era avvicinato all'eroe action per congratularsi dello straordinario successo di Top Gun: Maverick, dicendogli apertamente: “Hai salvato Hollywood e potresti aver salvato anche la distribuzione cinematografica in sala. Hai salvato il cinema.” Parole che, con il tempo, sono diventate molto importanti per il ruolo dell’attore nel rilanciare la sala cinematografica in un’epoca dominata dallo streaming e dall’incertezza post-pandemica.
Quando Cruise è salito sul palco a ritirare il premio dalle mani di Alejandro G. Iñárritu che lo sta dirigendo in un nuovo film in uscita nel 2026, si respirava una grande emozione nell'aria. L’attore ha rievocato la scena che gli ha cambiato la vita: quella lama di luce che, da bambino, tagliava il buio della sala prima di esplodere sullo schermo. Quelle immagini, ha raccontato, accesero in lui “una fame di avventura, conoscenza, umanità, di creare personaggi e raccontare una storia”.
Quel fascio di luce, dice, “ha aperto il mio immaginario e mi ha mostrato che la vita poteva andare oltre ogni limite che credevo esistesse”.
Centralissimo nel suo discorso il valore collettivo del cinema: “Ci aiuta ad apprezzare le differenze, ma rivela anche un elemento fondamentale che abbiamo in comune, cioè essere umani. In sala ridiamo insieme, sentiamo insieme, speriamo insieme.” E infine, quasi una professione di fede: “Fare film non è ciò che faccio, è ciò che sono.”

Il premio consegnato a Cruise non è stato l’unico della serata: sono stati celebrati anche Debbie Allen, Wynn Thomas e Dolly Parton, ciascuno protagonista di un percorso capace di lasciare un’impronta profonda nel mondo dell’intrattenimento. Ma l’immagine destinata a rimanere è quella di Cruise, Allen e Thomas fotografati fianco a fianco: tre carriere diversissime, unite dalla stessa fedeltà alla magia della sala.
E soprattutto, resta la frase conclusiva dell’attore, che sintetizza l’essenza del suo rapporto con il grande schermo: “Il cinema ci guarisce. È per questo che è importante.”
Con questo riconoscimento, Hollywood non premia soltanto l’attore da blockbuster, il performer instancabile, l’uomo che sfida la gravità in ogni nuovo film. Premia anche l’artigiano del cinema, il sostenitore della sala, l’ultimo grande interprete dell’epica hollywoodiana classica.
Tom Cruise ha finalmente il suo Oscar. E forse potrebbe non essere l’ultimo.
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